Devo dire che non sono più molto interessata a Facebook come strumento per la promozione delle biblioteche. Zuckerberg ci ha sostanzialmente buttato fuori – noi, ovvero i (non pochi) gestori di pagine che non possono o non vogliono comprare le visualizzazioni degli aggiornamenti di stato per i loro fan (è ormai noto, ma ne potete leggere anche qui).
Però oggi ho notato una cosa abbastanza interessante (cliccate sull’immagine per leggere meglio).
Da qualche mese assisto ormai rassegnata al crollo delle visualizzazioni della pagina che gestisco. Ne ho preso atto, tanto che con la redazione che la segue abbiamo deciso di modificare il calendario delle pubblicazioni, rendendolo più snello (per non sprecare lavoro) ma anche più elastico (per non perdere opportunità quando per caso si presentano).
Oggi però vedo questo e di colpo lo percepisco come una conferma a qualcosa a cui stiamo assistendo da un po’ di tempo, in particolare se confrontato, ad esempio, con questo:
Perché la narrazione di un episodio tenero e piacevole, ma sostanzialmente non informativo, ottiene 12 condivisioni e riesce a raggiungere 2.774 persone, e il rilancio di un post che racconta cose utili e non note, e che su WordPress ottiene buone visualizzazioni, ne raggiunge su Facebook solo 208? Facebook, la grande piattaforma dalla quale era insensato restare fuori un paio di anni fa, è passata come un meteorite sulle pagine e ha prodotto l’estinzione di intere specie di aggiornamenti di stato, facendo del nostro lavoro qualcosa che abita dalle parti degli “algorithmic pariah” (è lungo, leggetelo lo stesso). In attesa del prossimo balzo evolutivo, dunque, che cosa funziona oggi su Facebook e – contemporaneamente – che immagine rispecchiata della biblioteca ci restituisce?
Quello che mi viene in mente è che su Facebook sembra trovare molto più spazio di prima una visione simbolica della biblioteca, quella che rimarca il suo valore di significato astratto e, probabilmente, affettivo. Un’idea di biblioteca rassicurante, accogliente, che rimarca alcuni valori che tradizionalmente le vengono attribuiti (almeno se consideriamo i casi di biblioteche amate). Il racconto dello scambio con gli utenti, del lato più umano delle cose che vi accadono, gli episodi che hanno per protagonisti i bambini, un’idea sorridente (diciamo anche leggermente consolatoria) della biblioteca.
Questa è la biblioteca secondo Facebook. O almeno questo è ciò che Facebook ha fatto emergere come specie vincente, come effetto secondario certamente non ricercato delle sue attività di sviluppo della piattaforma, ma che forse svela qualcosa di un certo immaginario della biblioteca che esiste realmente.
Non sto dando un giudizio di questa immagine, ma vedo che c’è e mi chiedo da che parte stia il punto di equilibrio fra la conferma evidente del fatto che la biblioteca può essere un luogo amato e il sospetto che di essa ci si accontenti come di luogo caldo ma non del tutto – o non primariamente – legato al mondo dell’apprendimento e dell’informazione.
Oggi ho letto questo breve intervento di Anna galluzzi su Vedianche dal titolo Dove vanno le biblioteche pubbliche? Appunti sparsi. È una riflessione che vede la luce a cinque anni dalla pubblicazione di Biblioteche per la città. Nuove prospettive di un servizio pubblico, il miglior libro che sia uscito da tempo sulle biblioteche pubbliche (ok, gli ultimi non li ho letti, in realtà). Questo nuovo intervento riprende alcuni temi di allora e ne racconta le trasformazioni. Tratta di dimensioni spaziali dei servizi, di grandi e piccole biblioteche, di edifici, ma anche di ampliamento delle loro funzioni, in direzioni abbastanza indeterminate e di cui si chiede (non retoricamente) quale sarà la tenuta nel tempo.
Sarebbe bello avere una riflessione simile su quanto si sia modificata la percezione simbolica della biblioteca negli ultimi cinque anni, su quanto sia servizio e quanto idea di un mondo possibile, forse anche edulcorato, di quanto serva bisogni diffusi e quanto desideri di una nicchia tendenzialmente colta, conservatrice, forse più femminile che maschile.
Sulla base di quali indicatori si potrebbe fare una ricerca simile? Non ne ho idea. Ma spero con qualcosa di più affidabile degli oscuri funzionamenti interni di Facebook e della sua grazia sterminatrice.