Cose che cambiano: fotografare treni

Ho un amico. Si chiama L. ed è un wikipediano (da molto, molto più tempo di me). Ieri era fra le molte persone che hanno partecipato a questa wiki-giornata al Museo della scienza e della tecnica a Milano (ci siamo divertiti, eccoci lì fra le navi):

editathon museo scienza
Non so chi sia l’autore di questa foto, ma gli riconosco tutti i diritti che gli pare

L. ha concluso i lavori della mattinata, dopo Fiorenzo Galli, direttore del museo che ci ha ospitato, Daniele Jalla di ICOM Italia, Giancarlo Gonizzi di Museimpresa – un gentiluomo che ha ricordato il caso della donazione di immagini da parte dei Musei del cibo di Parma senza dire che la volontà dietro quella donazione è lui – Marco Chemello e Niccolò Caranti che hanno lavorato come wikipediani in residenza rispettivamente al Museo della Scienza e al MUSE di Trento, Laura Manetti del Museo Galileo di Firenze e Chiara Consonni di BEIC.

(Cito tutti non per cortesia istituzionale, ma perché mi piacciono gli incontri in cui i relatori provengono da mondi ed esperienze diverse, e così è stato e questo è ciò che ha reso la mattinata piacevole).

L. ha preso la parola alla fine e ci ha raccontato questa storia, che riporto io perché lui non è il tipo di persona che si mette a scrivere di se stesso.

L. racconta che non era la prima volta che si trovava come wikipediano al Museo della scienza e anzi, per l’esattezza, nella sala circolare con quel bassorilievo sul soffitto che io trovo così sobriamente elegante. Era stato al Museo quasi dieci anni prima, un giorno in cui alcuni wikipediani che si erano trovati a Milano la sera prima per bere una birra avevano deciso di andare al Museo e fare foto ai treni. Perché ci sono persone che amano scrivere di treni e fare foto ai treni e questo è il motivo per cui voi potete leggere di queste cose su Wikipedia.

Mentre guardavano i treni, si erano resi conto che in giro per il Museo c’erano dei giornalisti – diversi giornalisti – che chiedevano al personale dove fosse l’incontro dei wikipediani, situazione stramba perché l’incontro non era stato organizzato come incontro pubblico ma più con l’idea di “facciamo un giro al Museo della scienza domani”. Ma la voce si era sparsa fra alcuni giornalisti ed erano arrivati lì, più giornalisti che wikipediani, sperando di poter intervistare queste creature (era il 2006, Wikipedia era piccola ma non così tanto da non essersi fatta notare). Alla fine il personale del Museo decise di offrire la sala rotonda col bassorilievo perché le due categorie di umani potessero incontrarsi e parlare senza inseguirsi per le sale, e così parlarono, in quello che io immagino come il primo round italiano di una serie di incontri (e, talvolta, scontri) che è lontano dall’essere terminato.

La parte meno divertente – dice L. – è che, il giorno dopo e nonostante la disponibilità dimostrata, il Museo contattò Wikimedia Italia e disse che le foto fatte il giorno prima non povevano essere utilizzate, motivo per cui possiamo ipotizzare che le foto di treni nella Wikipedia in italiano del 2006 siano rimaste per parecchio tempo così così (i bibliotecari si ricorderanno come era facile in quegli anni ridere della scarsa qualità dell’enciclopedia online).

Ieri al Museo scattare foto delle collezioni era consentito a chiunque proprio perché era in programma questa wiki-giornata, le 2440 schede del catalogo delle collezioni tecnico scientifiche erano visibili sul sito del Museo con una licenza libera, e una grande quantità di immagini professionali dei pezzi erano state già caricate su Commons (anche grazie al fatto che qualcuno stava lavorando da casa per finire il lavoro). In queste condizioni, scrivere su Wikipedia è facile e questo abbiamo fatto.

È abbastanza facile intuire perché dovrebbe essere consentito a chiunque fotografare le cose belle e meno belle del proprio paese, nonostante la normativa italiana non sia mai del tutto d’accordo. Ma, a quanto pare e per fortuna, i limiti si possono anche spostare, lavorandoci sopra.

Ma soprattutto, se non conoscete L. di persona e non avete presente il modo in cui i suoi occhi sanno brillare e tirare fuori l’intero universo che cerca di tenersi chiuso dentro, non potete sapere che bel momento sia stato sentirlo raccontare questa storia.

Gelosie, comunità, impatto

Nella giornata di ieri sono usciti due pezzi molto interessanti. Il primo è la riflessione di Luca Corsato Il dio geloso dell’opensource: l’open come paradosso di massima apertura nella massima costrizione. Il secondo è la risposta di Andrea Zanni, Impatto, alla riflessione di Corsato. Consiglio di leggerli entrambi.

Il primo pone delle questioni abbastanza importanti relative alle possibilità / modalità concrete di collaborazione fra comunità open e istituzioni culturali. La mia impressione è che questa congiunzione sia esattamente il futuro di quel mondo rassicurante che conosciamo come musei biblioteche archivi, quindi credo che questa doppia riflessione prefiguri qualcosa di cui parleremo a lungo.

Luca ha probabilmente ragione sulle questioni che pone e, non avendo molto da dire su quali siano (o non siano) le strategie di sviluppo dell’open, mi limito a dire questo:

una Biblioteca Nazionale fa parte della comunità delle biblioteche, e per condividere materiale e conoscenza su Wikipedia senza esserne avulsa e semplicemente “ospite”, dovrebbe compiere lo sforzo di entrare dentro la comunità wikipediana, ma questo obbligherebbe la Biblioteca Nazionale a “sdoppiarsi” rischiando di diventare atipica sia per la comunità d’origine (quella delle biblioteche), sia per quella wikipediana

Esattamente. Il che non significa che la comunità wikipediana (o il suo intermediario parziale, Wikimedia Italia) non debba fare la sua parte per costruire un ponte fra le due che non sia lastricato di ostacoli. Esiste però anche uno spazio marginale che le biblioteche di ogni natura tengono occupato in attività che tradizionalmente fanno parte della loro mission, che andrebbe esplorato. Tutto ciò che non produce più, appunto, impatto (un impatto misurato sul soddisfacimento reale della comunità di riferimento della biblioteca), può essere riconsiderato. Tutto ciò che è inerziale nella gestione di una biblioteca, ereditato, costruito a immagine e somiglianza di professioni del passato, a volte persino di singoli professionisti attivi dentro la biblioteca, può e dovrebbe essere riconsiderato. Molte aree legate alla conservazione, come molte legate a una promozione della lettura di cui non si misura mai l’efficacia, ad esempio, sono probabilmente quantità di lavoro che può essere liberato e riconvertito. Che questo possa comportare una perdita dell’identità tradizionale di un’istituzione è molto probabilmente un bene. Ma fra le due comunità, la open (o meglio le innumerevoli comunità open) e quella dei professionisti della cultura (nello loro molte declinazioni) non esiste certo una condizione di simmetria nella gestione del potere (dei riconoscimenti ufficiali, dei finanziamenti, dei doveri anche). Chiedere alle istituzioni di essere disposte ad affrontare degli ostacoli mi pare dunque legittimo. Un ponte si costruisce partendo da entrambi i lati.

 

Una collaborazione tra Fondazione BEIC e Wikimedia Italia

Le biblioteche sono naturali alleati di Wikipedia e dei suoi progetti fratelli. Esse, insieme alle gallerie, archivi e musei (i cosiddetti GLAM) sono infatti le principali organizzazioni per la promozione della conoscenza libera. Questi istituti contribuiscono alla diffusione del sapere scientifico e umanistico, allo sviluppo delle competenze informative e incoraggiano il riuso dei materiali. Eppure sono ancora troppo pochi i bibliotecari che si cimentano in quest’avventura di condivisione pubblica della conoscenza.

Ariosto - Orlando Furioso, 1551 - 5918999 FERE001606 00005È uscito sul numero di marzo di Biblioteche Oggi un articolo firmato congiuntamente da Chiara Consonni, responsabile dei servizi e sistemi informativi della Fondazione BEIC e da Federico Leva, dell’associazione Wikimedia Italia, dedicato al Progetto GLAM/BEIC.

L’articolo illustra il senso, le procedure e i risultati finora ottenuti (il progetto è infatti ancora in corso) di uno dei primi casi in Italia in cui un “wikipediano in residenza” collabora in modo ufficiale con una grande istituzione culturale.

Potete leggere qui che cosa sia un “wikipediano in residenza” (di certo qualcuno non meno creativo di un Artist in Residence!).

Potete invece leggere del progetto nella sua interezza, con tutte le sue fasi di lavoro, sulla pagina dedicata di Wikipedia. Sono inoltre disponibili i resoconti periodici delle attività intraprese dai bibliotecari BEIC assieme a Federico Leva.

E se, dopo aver letto l’articolo di Biblioteche Oggi, la biblioteca, il museo, l’archivio in cui lavorate fosse interessato a ragionare su come collaborare coi progetti wiki, che non sono solo Wikipedia, ma un sistema informativo integrato composto da un’enciclopedia multilingue, una biblioteca digitale, un repository internazionale di immagini riutilizzabili e un database di dati strutturati che sta velocemente raggiungendo un ruolo centrale nel grande oceano del web semantico (e anche altro), trovate qui i contatti di Wikimedia Italia.

Oppure, più semplicemente, mandate una mail a virginia.gentilini(at)wikimedia.it  :-)