Il futuro delle biblioteche, secondo Seth Godin

Traduco al volo il post di Seth Godin sul futuro delle biblioteche che è stato segnalato su aib-cur, per i colleghi che non leggono bene l’inglese o che vogliono risparmiare un po’ di tempo.

Una premessa.
Chi è Seth Godin? Un guru del marketing americano, autore di bestseller tradotti in molte lingue, tra cui l’italiano. Dunque una voce fuori dal coro dei bibliotecari e che forse grazie a questo può offrire una “visione laterale” del nostro lavoro. Questa la voce che gli dedica Wikipedia (in inglese), a cui lui stesso punta dal suo blog.

Due avvertenze.
La traduzione è la mia ed è sicuramente migliorabile, nonostante l’aiuto di Urban Dictionary per lo slang e di un angelo custode angloparlante. Perciò prego chiunque abbia voglia di leggere la versione originale di segnare nei commenti ogni errore o miglioria possibile. Diciamo che si tratta di una traduzione in corso d’opera.
La situazione a cui Godin si riferisce in questo post è, naturalmente, quella delle biblioteche pubbliche statunitensi. La cosa va rimarcata specie in riferimento ai punti in cui si parla della discussione sui modelli di digital lending, più avanzati dei nostri, e di alcuni servizi di delivery dei contenuti direttamente agli utenti (ai clienti) come Netflix, non attivi in Italia.

Detto questo, si tratta di un post interessante. Ecco la traduzione:

Il futuro della biblioteca

A cosa serve una biblioteca pubblica?

Innanzitutto, come siamo arrivati qui.
Prima di Gutenberg, un libro costava circa quanto una casa di piccole dimensioni. Di conseguenza, soltanto re e vescovi potevano permettersi di possederne personalmente.
Questo portò in modo naturale alla creazione di libri condivisi, di biblioteche in cui gli studiosi (chiunque altro era troppo impegnato a non morire di fame) potevano andare a leggere libri che non erano così costretti a possedere. La biblioteca come deposito di libri che vale la pena condividere.
Solo dopo questo abbiamo inventato il bibliotecario.
Il bibliotecario non è un impiegato a cui capita di lavorare in biblioteca. Il bibliotecario è un cacciatore di dati, uno sherpa e un insegnante. Il bibliotecario è l’interfaccia fra la marea dei dati e l’utente inesperto ma motivato.
Dopo Gutenberg, i libri sono diventati molto più a buon mercato. Più persone hanno costruito delle collezioni personali. Allo stesso tempo, però, il numero dei titoli è esploso, e così pure la richiesta di biblioteche. Abbiamo avuto decisamente bisogno di un deposito in cui immagazzinare tutta questa ricchezza, e più che mai abbiamo avuto bisogno di un bibliotecario per aiutarci a trovare ciò di cui avevamo bisogno. La biblioteca è una casa per il bibliotecario.
Gli industriali (in particolare Andrew Carnegie) hanno finanziato la biblioteca moderna in America. L’idea era che in un’era di media pre-elettronici, il lavoratore avesse bisogno sia di essere intrattenuto, sia di essere leggermente istruito. Lavorare tutto il giorno e diventare un membro più civilizzato della società leggendo di notte.
E i vostri ragazzi? I ragazzi necessitano di un luogo con enciclopedie condivise e una quantità di libri per divertirsi, che si spera inculchino in loro un duraturo amore per la lettura, dato che leggere rende tutti noi più riflessivi, meglio informati e membri più produttivi di una società civile.
E tutto questo è stato grande, fino ad oggi.
Volete un film? Netflix è un bibliotecario migliore, con una biblioteca migliore di ogni biblioteca nel paese. Il bibliotecario Netflix conosce ogni film, sa che cosa avete già visto e che cosa è probabile che vogliate vedere. Se l’obiettivo è connettere gli spettatori con i film, Netflix vince.
Questo va ben oltre la semplice attività accessoria che comunque la maggioranza dei bibliotecari mal sopporta. Wikipedia e altre smisurate banche dati hanno eliminato alla base la biblioteca come risorsa migliore per chiunque faccia ricerca amatoriale (dalla scuola elementare fino ad arrivare agli studi universitari). C’è qualche dubbio sul fatto che le risorse online diventeranno migliori e sempre meno costose col passare degli anni? I ragazzi non si trascinano in biblioteca allo scopo di fare una ricerca su Roosvelt usando un’enciclopedia non aggiornata. Potreste desiderare che lo facciano, ma non lo faranno a meno che non siano costretti.
Hanno più che mai bisogno di un bibliotecario (per scoprire modi creativi di trovare e utilizzare i dati), ma non hanno alcun bisogno di una biblioteca.
Quando i ragazzi vanno al centro commerciale piuttosto che in biblioteca, non è il centro commerciale che ha vinto, ma la biblioteca che ha perso.
E ora dobbiamo considerare l’ascesa del Kindle. Un ebook costa circa 1.60 dollari col valore che aveva il dollaro nel 1962. In un device possono stare con facilità un migliaio di ebook. Facili da immagazzinare, facili da selezionare, facili da passare al vostro vicino di casa. Fra cinque anni, gli ebook reader costeranno quanto un rasoio Gillette, e gli ebook meno delle lamette.
I bibliotecari che stanno discutendo e facendo lobbying per soluzioni intelligenti di prestito degli ebook stanno completamente mancando il punto. Stanno difendendo la biblioteca come deposito invece di lottare per un futuro in cui il bibliotecario sarà un produttore, un portiere d’albergo, un connettore, un insegnante e un impresario.
Dopo Gutenberg, i libri sono definitivamente abbondanti, difficilmente scarsi, difficilmente dispendiosi, e difficilmente vale la pena conservarli in depositi. Dopo Gutenberg, le risorse scarse sono la conoscenza e la capacità di comprensione, non l’accesso ai dati.
La biblioteca non è più un deposito per libri morti. Nel momento dell’economia dell’informazione, la biblioteca dovrebbe essere il centro nervoso locale dell’informazione. (Per favore, non dite che sono contro i libri! Penso, attraverso le mie azioni e le scelte fatte nella mia carriera, di aver dimostrato i miei rimuginamenti a favore dei libri. Non sto dicendo di volere che la carta sparisca, sto semplicemente descrivendo quello che sta inevitabilmente accadendo). Tutti noi amiamo l’immagine del ragazzo di modeste condizioni che se la cava con le proprie gambe e si salva dalla povertà grazie ai libri, ma oggi (nella maggioranza dei casi), l’intuizione e la leva per farlo stanno derivando dall’essere veloci e intelligenti nell’utilizzo delle risorse online, e non dal nascondersi fra gli scaffali.
Eppure la biblioteca del futuro è ancora un luogo. Un posto in cui le persone si ritrovano per cooperare, coordinare e inventare progetti su cui vale la pena di lavorare insieme. Aiutati da un bibliotecario che comprende “the Mesh“, un bibliotecario capace di rendere gestibili la sfera della conoscenza, la conoscenza delle singole persone e l’accesso all’informazione.
La biblioteca del futuro è una casa per il bibliotecario con lo stomaco di invitare i ragazzi ad entrare per insegnare loro come ottenere votazioni migliori con meno lavoro che li faccia brontolare. E per insegnare loro come usare una saldatrice o smontare un oggetto privo di componenti riutilizzabili. E persino per sfidarli a tenere lezioni sugli argomenti che li appassionano, solo perché è divertente. Questo bibliotecario si assume la responsabilità / la colpa per ogni ragazzo che riesce a diplomarsi senza essere diventato uno squalo cacciatore di dati di prima scelta.
La biblioteca del futuro è piena di così tanti terminali web da essercene sempre almeno uno disponibile. E le persone che dirigono questa biblioteca non vedono la combinazione di accesso ai dati e di connessione ai propri pari come un riflesso sullo sfondo, ma come l’intera questione.
Non vorreste vivere e lavorare e pagare le tasse in una città che avesse una biblioteca come questa? La sensazione del miglior coffee shop di Brooklyn combinato con un appassionato narratore di informazioni? Ci sono un migliaio di cose che si potrebbero fare in un posto come questo, tutte costruite attorno a un’unica missione: prendere il mondo dei dati, combinarlo con le persone della comunità e creare valore.
Abbiamo bisogno di bibliotecari più che mai nel passato. Quello di cui non abbiamo bisogno sono semplici impiegati che fanno la guardia a della carta morta. I bibliotecari sono troppo importanti per essere una voce che scema all’interno della nostra cultura. Per il bibliotecario giusto, questa è la possibilità di un’intera vita.”(Courtesy of Seth Godin)

Per riprendere gli spunti che su aib-cur ha raccolto il collega Franco Perini, si può seguire la discussione che il post ha innescato fra i bibliotecari americani sul profilo Facebook dello stesso Godin e sul blog Librarian by Day.

Molte le differenze fra l’Italia e gli USA, una per tutte: ha senso per noi interrogarsi sul “dopo prestito digitale” quando non ne abbiamo ancora uno stabilmente in piedi?

Ciò nonostante, a me questo post è parso stimolante in molti punti, a partire dal modo in cui sottolinea il fatto che i bibliotecari non sono impiegati, non sono magazzinieri (ovvio? mica tanto) e non devono occuparsi solo di accesso all’informazione. Mi pare una posizione non dissimile da quella che negli ultimi anni difende David R. Lankes, almeno quando immagina che i bibliotecari di domani (domani, non oltre) potrebbero modificare il loro ruolo da quello di custodi dell’informazione a quello di facilitatori dell’uso dell’informazione in specifiche comunità.

Certo la parte sempre un po’ deludente di questo discorso, sia in quello che sostiene qui Godin che in alcune presentazioni di Lankes, è il come (anche se a me non dispiacciono né le applicazioni dell’Augmented Reality in chiave reference di Lankes, né l’idea della saldatrice). In che modo potremmo cominciare a sperimentare un ruolo di questo tipo? E come combinarlo coi mille problemi di accesso all’informazione di cui ci dobbiamo sicuramente ancora occupare? Fate le vostre ipotesi!

3 pensieri riguardo “Il futuro delle biblioteche, secondo Seth Godin”

  1. Grazie Virginia, da parte di una pigra ;-). Mi pare che il post sia utilissimo a stimolare la riflessione sulla nostra professione. In Italia abbiamo le biblioteche nate da fondi di famiglia che nella seconda metà del ‘900 hanno aggiunto il servizio di biblioteca pubblica e biblioteche pubbliche nate dopo il trasferimento delle competenze sulle bilioteche dallo Stato alle Regioni nel 1975. Oggi le prime hanno patrimoni bibliografici quasi unici, le seconde hanno invece un patrimonio moderno destinato prevalentemente al prestito; salvo casi rarissimo solo il secondo tipo di biblioteca è tesa ad accentuare il suo carattere di servizio per il tempo libero e spazio di socialità. Entrambe i tipi di bibliotece offrono un servizio di reference più o meno qualificato ed esteso. Quindi nelle biblioteche abbiamo patrimoni bibliografici, spazi, servizio di referenze. Una volta che tutto il patrimonio sia stato digitalizzato e reso disponibile in OPAC arricchiti, resta comunque il compito di fare reference su quei libri ma resta anche il compito di fare il reference fattuale generalista o quello specialista: questo è sicuramente lavoro da bibliotecari. Quindi nel futuro della professione sicuramente c’è spazio per servizi altamente qualificati di reference online di tipo sia generalista che specializzato. Sarebbe possibile aggregare gli attuali servizi di VRDonline e farne uso solo coordinato, potremmo in questo caso davvero riuscire ad avere un adeguato impatto e conquistarci una riconosciuta competenza. E a livello fisico? che fine faranno le belle biblioteche nate in Italia in questi ultimi anni. Qui davvero si tratta di lavorare sul piano dell’offerta di spazi per una socialità qualificato di cui sentiamo necessità, come ci ricordava Antonella Agnoli nel suo articolo su Il Manifesto del 13 maggio 2011.

  2. “Il bibliotecario non è un impiegato a cui capita di lavorare in biblioteca” è una frase da incidere sulla pietra, e questa pietra una pietra da tirare in testa a tanti bibliotecari e amministratori. Credo che l’immobilità delle biblioteche nasca in gran parte da questo. E mi piace in genere il fatto che sottolinei come la rivoluzione non passi dalla “biblioteca” ma dal “bibliotecario”.

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